Le Linee Guida suggeriscono un approccio combinato di fisioterapia, esercizio fisico e terapie psicologiche per la cura del Mal di Schiena, soprattutto per quello di tipo cronico: approfondiamo l’argomento con il dottor Antonello Viceconti.
Abbiamo visto nello scorso articolo come il report della Fondazione GIMBE (Gruppo Italiano per la Medicina Basata sulle Evidenze), abbia messo in risalto l’importante fenomeno del sovra-utilizzo di alcune terapie (come i farmaci antidolorifici) e di esami invasivi (come le radiografie, la TAC e la Risonanza Magnetica) a discapito di altre terapie come la fisioterapia, l’esercizio fisico e le terapie psicologiche, che risultano invece essere ampiamente sotto-utilizzate. Si tratta di un’evidente contraddizione che porta alla luce sprechi nell’utilizzo di risorse e inadeguatezza per quanto riguarda le cure fornite ai pazienti.
Un caso eclatante è quello rappresentato dal mal di schiena dove, ad esempio, gli esami diagnostici inappropriati portano, a cascata, ad una serie di altre prestazioni sanitarie inutili come i consulti specialistici e altri trattamenti invasivi, con significativo spreco di risorse. Proprio per la cura del mal di schiena le Linee Guida suggeriscono infatti di associare alla fisioterapia, che deve comprendere necessariamente degli esercizi terapeutici mirati, anche l’esercizio fisico generale e le terapie psicologiche. Al riguardo, nonostante la ricerca scientifica ci fornisca dati chiari sull’efficacia della terapia cognitivo-comportamentale nel trattamento di patologie muscolo-scheletriche (soprattutto di tipo cronico), spesso le persone si avvicinano a questo tipo di approccio con diffidenza e scetticismo, forse fuorviate da antichi preconcetti riguardo le terapie psicologiche in generale. Affronteremo più nel dettaglio questo importante argomento nel prossimo articolo di questa rubrica.
Ma cosa accade nella nostra mente quando soffriamo? Anche a causa di un disturbo muscoloshceletrico?
A livello psicologico, spesso il disturbo fisico è accompagnato da un’ansia anticipatoria di sentire dolore, dalla paura di non ricevere aiuto in caso di bisogno, dalla percezione di un senso di vulnerabilità e fragilità personali, dalla sensazione di non avere una via d’uscita dalla patologia oppure dal timore di essere colti dal dolore in modo improvviso, imprevedibile o in contesti inappropriati. In queste situazioni la psicoterapia cognitiva e le tecniche cognitivo-comportamentali possono rappresentare un valido ausilio alla fisioterapia e all’esercizio fisico poiché consentono di lavorare su una ristrutturazione degli schemi emotivi e cognitivi del paziente, sulla modificazione delle credenze irrazionali che rischiano altrimenti di generare pensieri negativi e catastrofici sulla propria condizione e sensazioni fisiche sgradevoli, in un ciclo di allerta e ansia cronica che possono condurre persino a condotte di evitamento dei movimenti e di situazioni considerate a rischio. Tutti questi elementi causano un peggioramento del quadro sintomatologico e una condizione psicologica che non favorisce la remissione dei sintomi in quanto al dolore si associa automaticamente la paura di muoversi, che a sua volta genera l’evitamento delle attività, con conseguente riduzione delle proprie capacità fisiche e prestazionali. Considerato che, oltre al dolore fisico si innescano anche i meccanismi psicologici descritti, l’obiettivo di cura del paziente non può essere soltanto la riduzione dei sintomi e del dolore nello specifico, ma deve necessariamente essere anche quello di aiutarlo a diventare più consapevole delle sensazioni legate al disturbo, così che possa riconoscerle e imparare a gestire con successo gli stati emotivi che amplificano il disagio “fisico”.
Quindi cosa bisogna sapere e cosa è necessario fare?
Spesso i pazienti si sentono sollevati quando acquisiscono “una mappa” del proprio disturbo grazie al lavoro congiunto del fisioterapista e dello psicoterapeuta, perchè si sentono più orientati, riescono a dare una senso al loro disturbo ed escono dal caos avendo la consapevolezza di aver acquisito degli strumenti per poter alleviare, anche in modo autonomo, la propria sofferenza, ad esempio attraverso esercizi riabilitativi che possono mettere in pratica anche autonomamente a casa o sul posto di lavoro.
È necessario per il paziente conoscere insieme al fisioterapista quali attività e movimenti può continuare a svolgere e in che modo (pur avendo mal di schiena), in quanto non rischiose. E’ utile sapere, attraverso un consulto fisioterapico specialistico, se il mal di schiena può nascondere o meno una causa insidiosa e grave o se si tratta invece della “comune” lombalgia di cui soffre l’85% delle persone almeno una volta nella vita e che ha una prognosi favorevole. Ma allo stesso tempo è indispensabile sapere anche che lo stress, l’ansia (che si manifestano spesso ad esempio attraverso altre patologie come il colon irritabile e l’herpes) e il sonno disturbato, costituiscono un fattore di rischio per sviluppare il mal di schiena o favorirne la cronicizzazione.
È necessario pertanto che il paziente possa ricevere una presa in cura globale del suo problema, attraverso un approccio terapeutico congiunto che preveda sia la fisioterapia che la psicoterapia di tipo cognitivo-comportamentale come strategie di cura, in modo da integrare la dimensione della sofferenza psicologica con quella del dolore corporeo.
“Niente nella vita va temuto, dev’essere solamente compreso.
Ora è tempo di comprendere di più, così possiamo temere di meno.”
Marie Curie
Scienziata e Ricercatrice
Dott.ssa Elisa Boggeri – Psicologa, Psicoterapeuta cognitivista, Socia SITCC (Società Italiana di Terapia Comportamentale e Cognitiva)
Dott. Antonello Viceconti – Fisioterapista, Terapista Manipolativo Ortopedico