Non sono mai stata una purista, amo le contaminazioni di generi e sapori differenti perciò ho sempre pensato all'atto terapeutico come a qualcosa che avesse a che fare sì con il funzionamento emotivo e cognitivo ma anche con la nostra esperienza corporea, somatosensoriale e propriocettiva nel mondo, non per forza di esclusiva pertinenza della relazione terapeuta-paziente confinata dentro le quattro mura degli studi di psicoterapia. In fondo noi esseri umani viviamo di esperienze incarnate. Ho avuto il piacere di condividere queste riflessioni con Sara Bruzzone, insegnante di pilates (persona versatile e, come me, molto curiosa) e, nell’interesse comune per l'essere umano e il suo funzionamento globale, ci siamo trovate a riflettere su cosa renda una pratica più o meno terapeutica e abbiamo realizzato quanto un certo approccio terapeutico e una certo tipo di attività fisica abbiano molto in comune.
Qualcuno forse si domanderà cos'avranno mai in comune il pilates, le neuroscienze e la psicoterapia: beh io comincio a pensare che molte delle discipline che sembrano avere più a che fare con il corpo a ben guardare siano terapeutiche proprio come lo è la psicoterapia, è l'intenzione di base a fare la differenza. Se è vero che siamo fatti di corpo, emozioni e pensieri è sull'integrazione e il funzionamento di questi tre livelli che dovremmo porre l'attenzione per determinare cosa e come una pratica possa considerarsi terapeutica, cioè cosa può farci stare meglio quando ci pare di non essere propriamente in forma, magari senza riuscire a trovare una ragione “valida".
In questa visione condivisa ci piace pensare gli esseri umani fatti di corpo, emozioni e pensieri. Erroneamente noi occidentali abbiamo scomposto e operato una disintegrazione nel tentativo di semplificare l'oggetto di studio ma stiamo realizzando sempre più che questo modo di intendere l'essere umano è piuttosto fuorviante e poco vicino alla realtà. Questi tre livelli hanno pari dignità e rimandano all’architettura del cervello, al suo sviluppo filogenetico e rispondono a diversi mandati evolutivi che hanno permesso alla specie di sopravvivere. Ogni emozione ha il suo significato nella logica evoluzionistica perciò è importante fermarci ad ascoltare. È vero che il mondo in cui oggi viviamo è molto diverso da quello in cui hanno avuto origine alcune strutture e funzionamenti e non a caso a volte capita di ‘ingarburgliarsi” un tantino.
Ad esempio, pensiamo alla reazione di allarme: agli albori della nostra storia ci ha permesso di “salvarci le piume" ed è la stessa che si attiva oggi, di fronte a stimoli neutri dal punto di vista della sopravvivenza nel mondo moderno ma ahinoi l'attivazione neurofisiologica ha la stessa intensità di allora. Ed ecco lì che l’ansia fa capolino e alle volte ci fagocita proprio! E ci accade di stare molto male senza apparente motivo. In realtà è la spinta primordiale verso la sopravvivenza ad avere la meglio, diciamo un po' a sproposito, a discapito di una lettura più raffinata ed “alta" in termini corticali.
Ma niente di strano, c'è ancora un cervello molto antico sotto la neocorteccia che a volte sgomita in modo poco “urbano" prendendo il sopravvento a nostra insaputa. Ma niente panico: proviamo a non spaventarci e ad osservare quel che accade…
Dott.ssa Elisa Boggeri
Psicologa Psicoterapeuta - Novi Ligure - Genova
Dott.ssa Elisa Boggeri
Psicologa Psicoterapeuta a Novi Ligure - Genova
Iscrizione all'Albo n. 4699 del 2006
Laurea quinquennale in Psicologia Clinica e di Comunità nel 2004 presso l'Università degli Studi di Torino, Master quadriennale in sessuologia clinica
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